NUVOLETTE - Intervista su Lanciostory n.19 [19 maggio 2014] - parte II
di Luca Raffaelli
Carissimi lettori di Nuvolette, la
scorsa settimana abbiamo incontrato
Bambi Kramer, una (come si
può dire?) non-fumettista, un'illustratrice
dell'anima, una disegnatrice
che ripropone, in un flusso
continuo di immagini, i sogni interiori.
Sette giorni fa ci siamo fermati
mentre rispondeva alla domanda:
com'è nata l'idea di cominciare
a mostrare e pubblicare i
tuoi disegni? Bambi ha risposto di
essere passata dalla teoria alla
pratica nel giro di una settimana
grazie a Valerio Bindi, grande cultore
di fumetti, responsabile di
quella manifestazione fenomenale
che è Crack! Fumetti dirompenti,
festival del fumetto indipendente
che si svolge ogni anno al
Forte Prenestino Occupato (come
ricordavo nel Nuvolette scorso,
da lì è nato il fenomeno Zerocalcare).
Continua tu, Bambi...
Con Valerio avevo parlato più
volte dei miei disegni e del desiderio
di farne una professione,
ma mai in maniera concreta. Ma
una mattina mi telefona ... E.
Ecco, qui eravamo rimasti la scorsa
settimana. E cosa ti ha detto?
Niente, ma mi dice una cosa del tipo: al
Forte Prenestino sta per iniziare un festival,
cercano artisti che vogliano esporre, la
consegna era ieri, quindi sei già in ritardo.
lo sto partendo e tornerò per l'allestimento,
vediamo cosa sai fare.
Grandi emozioni?
Lui ha attaccato. lo ho tamponato la macchina
davanti. Dopo cinque giorni mi manda
un messaggio dicendomi che il lavoro è
ottimo, mi offre una postazione per lavorare,
e io non ho più pensato di smettere
Fantastico. Cosa accade dentro di te mentre
disegni? Un senso di pace, di rilassatezza,
oppure un turbinio di emozioni?
Quando lavoro provo sempre sensazioni
contrastanti. Sedersi al tavolo e disegnare
è già di per sè un gesto ambiguo, che richiede
di disconnettersi dal mondo per
sentircisi radicati a un livello più intimo e
completo. Per questo motivo è pace venata
di inquietudine, all 'idea che nel frattempo
si possa andare avanti senza di te che
volutamente fai un passo indietro per poter
osservare, che decidi di distrarti e perdere
almeno in parte il controllo di ciò che accade,
di parlare un'altra lingua.
E immagino che il tempo trasformi le emozioni.
In queste condizioni il tempo che passo
a disegnare è una porta attraverso cui
emozioni, pensieri, stati d'animo e di coscienza
approfittano della quiete per affollarsi
e farsi più reali. Ma è anche il momento
in cui ciò che sto facendo fa sì che
quello che vivo possa prendere forma, e
che la (pre)occupazione pratica che questo
comporta renda il tutto meno soverchiante
e fine a se stesso.
Detto in altre parole?
Disegnare libera un turbine, e lo usa
per sè, sceglie un significato e ad esso
tratto dopo tratto lo incatena pacificandolo,
per un po'.
Sono sensazioni finissime, intense, e
non è facile descriverle anche se tu ci
riesci benissimo. Basta un po' di attenzione
e di immaginazione per capirle.
Però non posso fare a meno di rimarcare
che hai risposto a tutte le domande
ma non a quella in cui ti chiedevo di
raccontare di te, della tua storia e del
tuo vero nome. Come mai?
Ti racconto un paio di cose
Dai.
Tra le tante attività che hanno costellato i
miei vent'anni c'è stato anche un periodo
di tirocinio presso un servizio chiamato
S.A.I.F.I.P., ossia Servizio di Adeguamento
tra Identità Fisica e Identità Psichica. E'
un posto dove potremmo dire, ricordando
Almodovar, le persone cercano la propria
autenticità avvicinandosi quanto più possibile all 'idea che hanno sognato di loro
stesse. Ed è un posto dove la prima cosa
che si domanda a chi si rivolge al Servizio
accanto al nome anagrafico, è il nome
con cui desiderano ci si rivolga loro: il nome,
immagino io, con cui sono solite chiamare
la persona che stanno cercando.
Così è nata Bambi.
Per quanto mi riguarda non ho un motivo
particolare per preferire un nome a un altro,
non sto rifiutando nè nascondendo nulla
che riguardi la mia vita associata al mio
nome di battesimo, ma è un fatto che
quando ho scelto Bambi Kramer sono
cambiate diverse cose. Il mio nome è anche
legato a un oggetto che a un certo
punto, significativamente credo, mi è stato
portato via. Non era un oggetto raro, avrei
potuto comprarne un altro uguale e invece
ho scelto di regalarlo a un caro amico. La
sera stessa ho ritrovato per caso quello
stesso oggetto, un libro, nella sua prima
edizione italiana, molto ben conservato e
secondo me bellissimo. Tutto questo semplicemente per dire che non comprendo
mai bene quale sia l'importanza di conoscere
un nome se poi quel nome non rimanda
a quello che si sta cercando - una
prova con i motori di ricerca sarebbe significativa
in questo senso - e con il tempo mi
sono anche sempre più disabituata a usare
l'espressione vero nome. Scusami per
aver eluso la domanda la prima volta, ma
ero curiosa di capire se si trattava di
un'informazione tra le tante o di un vero e
proprio argomento. Spero questa volta di
aver risposto.
Cara Bambi, cari lettori di Nuvolette, spesso
un'intervista è fatta per trovare le risposte
alle domande. Questa, invece, chiarisce
e scurisce, creando altri punti interrogativi
da lasciare irrisolti. Proprio come l'arte
di Bambi Kramer, che non offre alcuna
sicurezza, ma un viaggio interiore nel nostro
io indifeso, nelle nostre insicurezze,
nei nostri sogni incontrollati. Alla ricerca
della nostra identità segreta, che forse non
abbiamo mai incontrato. Alla prossima!
NUVOLETTE - Intervista su Lanciostory n. 18 [12 maggio 2014] - parte I
di Luca Raffaelli
Mi arrivano parecchi libri di fumetti a casa.
E a volte anche non a fumetti. A volte anche
cose strane come la scatola di Chris
Ware di cui abbiamo parlato sul Nuvolette
di Lanciostory n. 15. Ma qualche tempo fa
mi è arrivato un altro libro tra i più strani del
mondo. Un libro in cui le pagine non sono
tagliate, perchè il libro è una striscia continua
di disegno. Come un pensiero che ha
un inizio (un inizio ci deve pur essere in un
pensiero) ma che poi va avanti alla ricerca
continua di se stesso. Senza fermarsi. Un
pensiero che cerca la sua pace, che cerca
il proprio respiro, che cerca il vuoto dentro
di sè. Ero di fronte a un'opera di Bambi
Kramer, artista
nata all 'interno di
Crack! Fumetti dirompenti,
quel
fantastico festival
del fumetto autoprodotto,
diretto
da Valerio Bindi,
che si svolge ogni
anno al Forte Prenestino
Occupato.
Sempre qui, sempre
al Forte, è nato
l'astro nascente del
fumetto Michele
Rech ovvero Zerocalcare.
Ma la cosa
bella è che Zerocalcare
è il contrario di
Bambi Kramer. Se
lui racconta, lei nasconde
il racconto.
Se lui divide in vignette
i propri commenti
nei confronti
della vita e del mondo,
lei espande su
tutto il piano che ha a
disposizione il suo essere nel mondo, il suo
pensiero non pensiero, il suo racconto non
racconto.
Ciao, Bambi. Grazie di essere
qui a Nuvolette!
Ciao, Luca. Ciao, lettori
di Nuvolette!
Come hai cominciato a
fare i tuoi non fumetti
con lo stile che ormai è
una firma di qualità?
II mio stile è cresciuto in
maniera eterogenea,
mosaicata: prima di tutto
perchè disegnavo e
istintivamente mi dava
una profonda soddisfazione
farlo. Da bambina
ai musei, invece di fotografare,
copiavo su un
blocco da disegno quello
che mi colpiva (punte
di freccia, maschere funerarie,
decorazioni sui
vasi. .. ), poi sono passata
a riprodurre fotografie, e di nuovo alla
realtà.
Avevi bisogno di rielaborare dentro di te
quello che vedevi...
Ma il passo più grande è stato abbandonare
ognuno di questi riferimenti esterni
per rivolgermi all'interno. Sotto molti punti
di vista è stato come ricominciare tutto da
capo: non ho mai studiato per disegnare, e
questo significava che se avevo in mente
un'immagine, e il modo in cui avrei voluto
realizzarla, dovevo prima di tutto confrontarmi
con l'impossibilità di farlo senza che
questa venisse piegata, plasmata dai miei
limiti tanto quanto dal tentativo di far fronte
a essi.
C'era da colmare un vuoto.
All 'inizio è stato così: osservavo, amavo e
mi sforzavo in tutti i modi di copiare ciò che
amavo, deformandolo ogni volta: una condizione
un po' frustrante, e me ne rendo
conto ora, molto costrittiva rispetto a ciò che
facevo e alla possibilità di lasciarlo crescere.
C'è voluto del tempo prima di incontrare
una persona come Valerio Bindi, che mi
spingesse a puntare su questo, a curare i
miei limiti e a cercare nell'errore il mio stile,
perchè - mi diceva - è quel modo di sbagliare
l'unica cosa che nessuno può fare
meglio di te. Un anno dopo avevo buttato la
matita e qualunque altra possibilità di correggere
o cancellare ciò che facevo.
Puoi raccontarci dove hai cominciato, magari
dirci il tuo vero nome con l'aggiunta di
qualche riga di storia personale?
Sono nata e cresciuta a Roma. A parte i
molti viaggi e qualche esperienza lavorativa,
sono sempre stata qui. Come dicevo,
tra alti e bassi, ho provato nel corso della
mia vita una forte attrazione per il disegno,
ma nonostante questo non ho mai seguito
un percorso di studi strettamente coerente.
Così mi sono trovata a un passo dai 30 anni
con una maturità classica, restauratrice
di beni culturali con qualche anno di lavoro
all 'attivo, esami sparsi di Storia dell'Arte
contemporanea, Storia e Critica del Cinema,
Antropologia Culturale. E infine una
laurea in Psicologia clinica.
Insomma, una molla carica di vita ma ancora
in cerca di uno scatto.
In questo percorso riconosco ora una
persona che prova a seguire i suoi interessi
con uno sguardo diagonale. Di fatto non
ho mai cominciato a fare quello che faccio,
ma ho iniziato quando ho deciso di prenderlo
sul serio. La mina che ogni volta faceva
saltare i miei piani e le forme che
avevo provato a dare alla mia vita fino a
quel momento, è diventata il filo rosso che
congiungeva e dava coerenza agli ultimi
dieci anni. Se non avessi studiato il greco
antico, se non fossi diplomata restauratrice
e non mi fossi persa in esami solo perchè
mi piacevano, se non avessi tentato di immaginare
come funziona la mente, forse
avrei intrapreso questa strada con diversi
anni di meno, di sicuro non ci sarei arrivata
come Bambi Kramer.
Non hai risposto a tutto, ma per ora sorvoliamo,
anche perchè le sollecitazioni sono
tante. Com'è nata l'idea di cominciare a
mostrare e pubblicare i tuoi disegni?
Sono sensibile alle sfide: dopo anni di latenza
sono passata dalla teoria alla pratica
nel giro di una settimana. Conoscevo Valerio
da qualche mese, e avevamo parlato
più volte dei miei disegni e del desiderio di
farne una professione, ma allora credo
considerassi il suo interesse più come una
lusinga alle mie fantasie private piuttosto
che uno stimolo a espormi, e questo rendeva
tutto il lavoro piuttosto macchinoso e
lento. Così una mattina semplicemente mi
telefona ...
Per ragioni di spazio dobbiamo interrompere
qui. La suspense non manca, no?
Grazie, Bambi. Cari lettori, alla prossima!
[ITA]
L’immagine-mondo di Bambi Kramer
di Valerio Bindi
Il lavoro di Bambi Kramer si sviluppa in una modalità processuale estremamente complessa. I suoi disegni si delineano di getto senza alcuno schizzo preparatorio, nessun bozzetto a matita, e apparentemente senza alcun definito filo conduttore. E’ un flusso di coscienza deliberatamente scatenato come un sogno ad occhi aperti per produrre paesaggi dell’inconscio con la massima chiarezza. Disporre l’esercito dei propri spaventati guerrieri è la prima mossa. la scrittura-disegno, il flusso, procede da destra verso sinistra. Ecco il secondo strumento di liberazione che BK usa: come avviene in una correzione di bozze in cui si procede a ritroso, la lettura del senso in questa prima stesura è impedita.
Una volta terminato il racconto, e raggiunto con una accurata e lenta tessitura l’inizio della storia, dopo dieci o quindici o venti metri di segni, BK rilegge la sua storia e interviene a ricostruire la trama. Come nella vasca di sviluppo di una fotografia è solo in questo momento che affiora il senso srotolato lungo la superficie continua del progetto. Ogni rotolo incide un diverso ambiente e per una propria complessa sequenza di immagini: sono rotoli-mondo, pianeti popolati da storie reticenti, che non si concludono ma aprono sprazzi, frammenti e schegge di racconti.
Terza fase: il tradimento, il taglio la cancellazione della sequenza con fatica apparentemente definita. Qui BK procede ad una decomposizione cruenta, materiale e definitiva del suo incessante lavoro di pianificazione del segno. Questo evento catartico che interrompe la relazione personale ed intima dell’artista col suo lavoro può avvenire nel privato del suo studio, e in questo caso produce brandelli e piccoli pezzi, oppure nella calma apparente della galleria, dove il rotolo viene esposto in attesa della sua esecuzione. E’ un atto che BK compie senza enfasi, o retorica violenza.
I grandi pezzi tagliati in galleria vengono affidati ai collezionisti, sindoni del processo del lavoro e reliquie di un continuo spezzato. I frammenti minori sono preziosi, vanno a formare un nuovo tessuto per la ricomposizione in una superficie definita di altri tracciati narrativi. si definisce un corpo, una superficie che produce un’immagine unica, complessa, fatta di rimescolamenti. non è più lo spazio aperto continuo e indefinito del rotolo ma il pannello, il quadro. Una fase estatica.
A questo processo che muove sul versante concreto analogico del segno e del pezzo originale tramato e stracciato, si unisce un secondo processo di taglio che riappacifica la narrazione e il flusso con il pubblico drogato dei segni di BK. Il rotolo originale, prima che gli venga inflitta ogni tortura, viene fotografato in banco ottico, ad altissima risoluzione, e ricomposto come un cadavere amato nella forma della narrazione restituita. Si compone un libro, o più libri che rileggono, tra interruzioni e continuità, il senso di questa storia e di questa lotta sulla superficie di un rotolo di carta avorio.
Il pianeta, l’immagine-mondo, di BK è uno spazio piatto dove forme di vita mutante si riassemblano. Come in una palude affogata da un uragano piano ritorna la vita. Un segno che rilegge Bosch in chiave psichedelica, uno spazio fiabesco di narrazione new gore e vittoriana, tra Dürer e Tenniel. La crisi dichiarata delle relazioni tra le parti si ricompone nell’intenzionata e inarrestabile determinazione alla vita dei teneri perdenti “affacciati sull’orlo dell’abisso”: bianco e nero ma con viraggi di colore e punti di colore più intenso cui il segno inciso non intende cedere il passo.
[ENG]